L’istruzione professionale femminile nell’Italia fascista

Genere, lavoro e cultura tecnica tra passato e futuro

L’istruzione professionale femminile nell’Italia fascista

All’inizio degli anni Venti, l’istruzione professionale femminile, controllata dal Ministero del Lavoro e dal 1923 dal Ministero dell’Economia Nazionale, comprendeva 14 scuole professionali regie e 52 scuole libere. Alle prime, nel 1921, erano iscritte 1.933 studentesse, 7.131 alle seconde, cioè 9.064 ragazze, pari al 9,9% della popolazione scolastica delle scuole industriali.

La riforma operata nel 1929 dal ministro Giuseppe Belluzzo inseriva l’istruzione professionale nell’ambito del Ministero dell’Educazione Nazionale e fondeva la scuola di avviamento professionale con la scuola popolare, dando vita alla scuola di avviamento al lavoro. Ciò comportò un deciso aumento delle iscrizioni femminili che passarono, in sette anni, dalle 3.863 unità del 1929 alle 17.812 nel 1936. Ulteriori riforme seguirono con il successore di Belluzzo, Balbino Giuliano, che nel 1931 accorpava tutte le scuole di secondo grado in un’unica scuola tecnica di durata biennale, alla quale si accedeva dopo aver completato le scuole di avviamento. All’interno della scuola tecnica il corso femminile venne denominato “scuola professionale femminile”, la cui articolazione, molto impegnativa, prevedeva gli insegnamenti di italiano, storia, geografia, matematica, storia dell’arte, scienze naturali, disegno e francese, affiancati dalle discipline di indirizzo, come economia domestica, “lavori donneschi” (sartoria, ricamo, cucito), merceologia e contabilità, indispensabili a far si che le ragazze acquisissero tutte le abilità necessarie al buon governo della casa.

Essere una buona madre e una brava moglie era l’unico ruolo possibile e accettabile per una donna.

Per quanto riguarda il mondo del lavoro, alle ragazze provenienti dalla piccola e media borghesia veniva offerta una sola opportunità, con il conseguimento del diploma di maestra negli Istituti magistrali. Questi, già femminilizzati in epoca liberale, nel 1936 contavano ben 87.468 studentesse.


Bibliografia

  • A. Cantagalli, Istruzione e tecnica. I periti industriali dall’Ottocento a oggi, Bologna, Bononia University press, 2012.
  • C. Martinelli, Formare le madri. L’istruzione professionale femminile durante il fascismo, in «Rivista di Storia dell’Educazione», 7(1), 2020, pp. 71-82.